10 settembre 2015

Ottone Rosai

C'è solo una cosa peggiore della retorica. L'antiretorica

Devo ringraziare IBS, sia che si tratti di errore (come credo) sia, a maggior ragione, che si tratti di omaggio. Mi ha fatto conoscere Ottone Rosai, non dico il pittore, dico lo scrittore, che poi sono la stessa persona anche se credo che ai più, forse, sia noto il pittore. Insieme ai volumi ordinati come di consueto prima di agosto, mi è arrivato infatti pure “Il libro di un teppista”.

È stata una scoperta e un travaglio: un mondo inaudito di parole, suoni, immagini, similitudini e il dubbio amletico se divorare il testo o centellinarlo parola per parola come le ultime gocce di un elisir non più in produzione. Non ci sono diari della prima guerra mondiale che reggano il confronto, anche se questo non è un diario, né un racconto, né un romanzo. È la voce di un interventista e di un ardito, quanto basta per entrare nella classifica dei libri all’indice.

Io credo che parli di un’epoca che, a distanza di cent’anni, nonostante l’anniversario e il conseguente profluvio di ricorrenze, memoriali, pubblicazioni, ci sembra distante e incomprensibile – dico nel viverne lo spirito di alcuni – bidimensionale e, in fin dei conti, da archiviare sottovuoto per le generazioni future, quasi come animali rari di un museo di storia naturale.

Invece Ottone Rosai spiega senza spiegare e racconta senza raccontare.

Risveglio dopo una notte di libazioni in Via Toscanella

Commendatori, cavalieri, pezzi grossi e piccoli, tutti eran passati sotto la mia sferza di fuoco e ognuno era rimasto bruciato. Ora come un Re decaduto dovrò passare davanti a questa gente umiliato a far le mie scuse, curare con la lingua tutte le scottature. No, questo non sarà mai! Passerò con un’altra grandezza e stiaccerò ugualmente questo insieme di piattole. Non ho nessuna intenzione di essere dominato, l’ingegno mi servirà per dominare. Vengano, vengano pure tutti questi pezzi grossi, vengano con le loro ragioni piatte e piene di logica, se ho perso la vivacità del delirio, un’altra ne serbo dentro di me prodotta dal mio cervello, dal mio cuore.

Mi fa piacere se mi scrivi. In privato, sarà fuori moda ma a me piace così