Può essere che qualche collega consulente in 231 stia recitando preghiere o, più prosaicamente, esercitando legittime pressioni a favore dell’approvazione definitiva del Disegno di Legge Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato (leggi qui), ora all’esame del Senato, dopo l’approvazione della Camera nella seduta del 21 gennaio. Io non sono tra questi e voterei senza dubbio no.

A chi si diverte ad esercitare il proprio masochismo suggerisco la lettura del resoconto del dibattito della seduta della Camera (leggi qui): ne trarrà giovamento se non nel corpo sicuramente nello spirito, perché ne otterrà un istruttivo florilegio degli argomenti pro e contro, ma soprattutto gli apparirà nitida la visione manicheo-giacobina dei professionisti dell’anticorruzione, ultimo manifestarsi dell’ansia di moralizzare la vita pubblica.

Più ancora: gli argomenti non nascono da una visione politica e non rispondono a basi logico-giuridiche ma si fondano essenzialmente sull’emotività, o, meglio, sulla semplice percezione di un fenomeno che ne ha l’opinione pubblica, agevolmente manipolabile. E la percezione della corruzione è alta perché in questo momento l’attenzione sul fenomeno ad opera dei mass media è altissima. Insomma un cane che si morde la coda o un bisogno indotto a cui la buona politica risponde con buone leggi. Questo è il meccanismo.

Non dirò che si sta costruendo un centro di potere paragiurisdizionale ad oggi sconosciuto e fondamentalmente non controllabile, l’ANAC, e, come tutte le autorità/agenzie, con vocazione onnivora; non dirò della natura programmatica delle disposizioni che accomunano pubblico e privato; non dirò delle potenziali contraddizioni e asimmetrie con quanto stabilito dalla disciplina 231; non dirò dei costi a carico dei privati; non dirò delle applicazioni strumentali/pretestuose che si potrà fare della legge; non dirò dell’obbligo per il settore privato già presidiato da disposizioni dirette a facilitare la segnalazione facoltativa; non dirò soprattutto che l’unico modo per ridurre la corruzione è di ridurre la presenza del pubblico.

Mi limito a riportare la prima parte dell’articolo 2 del Disegno di Legge:

2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono: a) a carico delle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), nonché di coloro che a qualsiasi titolo collaborano con l’ente, l’obbligo di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto, che in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, ritengano essersi verificate, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte

e a farmi una domanda: che significa “a tutela dell’integrità dell’ente”? E “in buona fede, sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto”?

Drafting legislativo sedotto dall’emotività.