01 marzo 2015

Incubo preventivo

Avvocato, mi fa un preventivo? terrore al telefono

Segrete e imponderabili alchimie analoghe all’amore regolano i preventivi degli avvocati o, meglio, gli effetti che provocano nel proponente e nel ricevente. Dall’alto della mia esperienza di recordman mondiale di preventivi non accettati, propongo alcuni spunti volutamente paradossali (o forse no, giudicate voi).

Il preventivo non serve a niente. (In amore: ti interesso?) Diciamo che non serve a niente quanto al se. Il cliente o potenziale cliente a seguito del primo incontro (e anche della prima email) ha già deciso se quell’avvocato sarà il suo avvocato, non dico per la vita ma almeno per quel determinato progetto. Anzi il più delle volte il cliente fiuta l’avvocato ancora prima dell’incontro e sa già, sa già tutto. E ciò indipendentemente dal compenso proposto. Non so se sia una comoda soluzione consolatoria. Questione emozionale? Questione di chimica? In realtà succede nella vita di tutti i giorni quando facciamo acquisti e, in fondo, comprare un maglione non è poi così diverso che comprare una consulenza d’opera intellettuale (secondo me è bene che ce lo mettiamo in testa).

Il budget non è una parolaccia. (In amore: esci con me?) Che budget ha? Meglio ancora: che valore in termini economici darebbe alla consulenza che mi chiede? Domanda delle domande, domanda improponibile, che aleggia nell’aria, inafferrabile, dannatamente risolutoria. Perché quando compro un regalo è la prima che mi viene fatta e io non posso farla? Credo che, vinto l’imbarazzo e la diffidenza iniziali possa risultare decisiva specie per i progetti più complessi. In fondo che male c’è? Non solo perché domandare è lecito … Tenuto conto della specifica consulenza richiesta (se stai per andare in galera forse non ti porrai troppo il problema, e questo è fonte di inguaribile invidia verso i colleghi penalisti da parte di un civilista stragiudizialista), la domanda non è poi così arrogante. Certo spiazza, è fuori dalle righe. Tuttavia semplifica, aiuta, chiarisce e contribuisce a fissare i confini entro cui ragionare.

I soldi non sono tutto. (In amore: niente sesso sono un avvocato) Tra l’incontro e il preventivo, con in mezzo il budget, c’è in realtà una fase neutra, una sorta di terra di nessuno nella quale tutto sommato si può sovvertire in proprio favore la situazione più difficile o perdere tutte le posizioni abilmente o per chimica acquisite. È la fase del corteggiamento. Ovvero quella che dovrebbe servire a capire chi si ha di fronte e soprattutto cosa si aspetta da me, che nella maggior parte dei casi, maieuticamente parlando, sono io a dovergli fare capire. Penso che sia la fase più trascurata. Perché? Provo a dare una risposta facendo pubblica ammenda. Essenzialmente per egocentrismo. Come pavone che fa la ruota propongo soluzioni, finisco per parlare di me … che non è proprio il modo giusto di mettere al centro dell’attenzione il cliente/amata. È vero che alle volte è proprio il cliente a mettere fretta cercando di abbreviare il corteggiamento con la richiesta del preventivo (che in un certo senso equivale a quella del “facsimile”). Si tratta di un evidente tranello nel quale nel 99,9% dei casi sono cascato. È lì che si vede il vero uomo, quello che resiste alla fretta e alle lusinghe … e, prima di piazzare la puntata, studia attentamente le quote, la posta in gioco, il banco, e solo al momento opportuno, che è uno solo, si fa avanti.

In ogni caso, niente paura e soprattutto nessuna delusione, nella professione come in amore resta l’onore delle sconfitte (=rifiuti).

Per questo, alle mitiche leggi di Murphy propongo di aggiungere il corollario dei preventivi: Se hai in testa una cifra da proporre, raddoppiala o dimezzala. Sarà comunque sbagliata. Del resto, inviare un preventivo è come tirare a sorte.

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Mi fa piacere se mi scrivi. In privato, sarà fuori moda ma a me piace così