02 febbraio 2016

Evviva la diligenza del buon padre di famiglia, ma mi raccomando che sia padre

Una risata vi seppellirà? temo di no

Le dispute linguistiche nascondono battaglie culturali. Il resoconto della seduta del 21-22 gennaio 2014 dell’Assemblea Nazionale francese nel corso della quale si è discusso il progetto di legge pour l’égalité entre les femmes et les hommes e i relativi emendamenti, ne è la prova.

La battaglia contro l’espressione «en bon père de famille» utilizzata in diverse norme dell’ordinamento francese, per sostituirla con espressione neutra (un sondaggio on line la deciderà?) è stata riportata dai media, anche italiani, forse consapevoli che prima o poi approderà nel nostro Parlamento (ancora bicamerale? scommetto di sì).

Anche se è forte la tentazione di liquidarla con la famosa battuta fantozziana sulla Corazzata Potëmkin oppure con il richiamo a problemi più urgenti nell’agenda politica, credo che valga la pena di affrontarla quale essa è: una battaglia culturale promossa, non a caso, nel Paese della sperimentazione totalitaria, da una minoranza ideologizzata con mire egemoniche, da combattere non con l’equilibrismo del giurista o il cerchiobottismo del giornalista bensì con la convinzione che on ne se bat pas dans l’espoire du succès (come diceva Cyrano de Bergerac), perché mira simbolicamente a piantare la bandiera dell’uguaglianza nel campo della libertà. Io sto dalla parte della seconda, dell’uomo comune contro il tecnico.

Mi fa piacere se mi scrivi. In privato, sarà fuori moda ma a me piace così